Il cardellino
Dalla grande finestra della tua sala
osserviamo gli uccelli nella loro casetta
che ha a sua volta una grande finestra
in miniatura, l’ampio tetto spiovente e un terrazzo
dove è tutto l’inverno che semini
qualcosa di simile all’amicizia.
Li osserviamo all’ora di pranzo
degli uccelli, più o meno le undici per noi,
quando si ammassano tutti tra frullii di ali
sprazzi di colore becchi impettiti occhietti.
Hai decifrato le abitudini delle varie specie
come avevi fatto con quelle dei vicini
ma adesso con molto più affetto,
e lo stesso vale per il loro aspetto,
non le chiome a chiazze gialle delle carampane
munite di cane o le bruciature cutanee
provocate dall’astro della stupidità
che orbita sempre più vicino,
no no, la cincia con la mascherina,
il brusio arancio del pettirosso,
il fringuello che ha paura di tutti,
e il più temuto anche se gracile e tra i più belli
giallo vivace sul fianco e rosso acceso sul capo
ma col becco terribile, becco che non si scherza,
il cardellino.
Siamo in primavera ma alla loro ora di pranzo
gli uccelli sono ancora fedeli alla tua mensa,
cosa ne sarà d’estate non si sa, come d’altronde
non si sa, non tardi a aggiungere,
cosa ne sarà di te
(svelto a negare che con tutta probabilità
sarai di mattina sui sentieri delle tue creste preferite
e di pomeriggio proprio qui in giardino
con radio libro occhiali e giornale).
Ma prima che imbocchiamo il sentiero circolare
di rinuncia futilità caducità e fine
ti ricordi che hai una cosa da farmi vedere
e con una cordicella da un sacchetto uscito dal freezer
fai penzolare uno splendido esemplare
di cardellino maschio congelato, vedi
il giallo sul fianco e il capo rosso acceso
senti com’è leggero, morbidissimo, ma quel becco,
becco terribile il cardellino...
Mentre scrivo di te qui fuori sferraglia,
magari manda qualche scintilla,
la tosaerba manuale (la tua Ford Gran Torino).